Il ponte

Il ponte
Quadro di Enzo De Giorgi

sabato 20 marzo 2010

Weiss Nacht

...non c'è più il tempo...Kairòs si è impadronito della mia anima e la sospinge, verso altrove che non è più qui. O forse è un "qui" altro. Il mio personale tempo, in a-sincronia con questo mondo immondo. Non vi appartengo, a esso non a voi che leggete, scrivete, ridete, bevete...bevete alla mia salute che forse c'è forse no. Non lo so, anche perchè non so cosa dovrei sapere. E quello che credo di possedere mi appare sempre più come qualcosa di mio e non condivisibile, perchè forse solo un niente che vesto da qualcosa. Per darmi un tono...una nota. Come quelle che mi affibbiavano a scuola, le note, tante note in condotta. Io bambino vecchietto bravissimo che sa tutto e sa anche come rompere le scatole. Perchè mai stato al gioco, mentre giocava. Mai stato al gioco degli adulti...e come faccio adesso a stare al mio gioco? Che dico? Avessi bevuto mi capirei mentre non mi capisco, ma sono sobrio, e allora ancora più folle...sono scappato al sonno del sogno che rivela la vera natura, e mi ritrovo sveglio mentre la follia non è nel suo spazio deputato. Dal mondo normale, che vuole esser folle solo ubriaco, o mentre sogna e disegna la realtà che vorrebbe di giorno, quando inscena una normalità, anormale per se stessi sebbene normata dalle regole, che pesano come tegole...che realizzano un tetto sotto cui nascondere la vera identità. Perchè non ci credo che tutti siano quello che appaiono, neanche i più santi, i più delicati, i più dedicati...sono convinto che tutti si porgono nella maniera in cui la mente loro ordina di fare, per sembrare decenti, per entrare in un gruppo, per appartenere a qualcuno o qualcosa. E poi di notte quei sogni, i pianti e le urla, il sesso sfrenato e le scene più oscene. Che neanche allo specchio, perchè a guardarsi non ci si riconoscerebbe. L'anima si, ma la mente non può...e gli occhi, ad essa asserviti, rifiutano di registrare l'immagine dentro la superfice riflettente. Che se la guardi il cervello si sente derubato della sua capacità, del suo dovere di riflessione, e si flette, si piega sotto la ragione del riflesso allo specchio, che da esso prescinde. Non ha senso tutto ciò? Certo che no! Non vuole averne. Voglio sfuggire alle regole della logica, seguire il fiume impetuoso che muove le dita sulla tastiera, correre dietro le parole così come posso...guardandole da dietro perchè sono più avanti di me. Mentre le scrivo, si voltano e mi fanno sberleffi. Sono già andate e io qui ancora a tentare di dar loro un senso. E chi se ne frega di dare un senso allora. Vi frego parole, vi scrivo come riesco. E peggio per voi se non dico quel che avreste voluto dicessi. Adesso sono io che comando il gioco. Niente Leopardi e nemmeno Manzoni, lungi da me la poesioa di Aleixandre, il dolce stil novo...forse un po' di Bukowsky, un pizzico di Rimbaud, magari quel che mi resta di Burroughs. Stanotte è pieno giorno e allora si gioca. Sull'altalena dei tempi aritmici e atipici e un poco antipatici. Che poi è un paradosso, perchè più sei antipatico più sei patico con te stesso. E se sei patico con te, sei empatico con quell'IO che sei da qualche parte. E nello spazio in mezzo, tra te(me) che scrivi e "Io" di cui vorresti dire, nello Aidà di Kimura Bin, proprio in questa terra di mezzo tra me e il mio pensiero di me, forse qui in mezzo ci sono io. E a voi cosa importa. Io maledetto, benedetto, raccontato da chi mi ha incontrato, secondo lui, mentre di me ha visto quello che la sua prospettiva gli ha permesso di vedere. E io di lui che ho visto da tre luoghi diversi. L'ho visto da me, l'ho visto da "Io" e l'ho intravisto da qui in mezzo dove sono adesso.
Dove mi sta portando questo rafting sulle rapide del pensiero?
Arriverò in una laguna?...se così sarà mi fermerò, guarderò le parole ferme e ordinate, mi specchierò sulla superfice dell'acqua...e sarà calma, sarà immagine che la mente riconoscerà...sarà di nuovo tutto ciò che a scuola mi hanno insegnato...sarà ordine e precisione. Attenzione a congiuntivi e punti e virgole...sarà dirmi: ma come scrivo bene, come son bravo a raccontare con ordine quel che il mio cuore mi dice...
Torneranno Guinizzelli e Cavalcanti, la memoria del Cecco Angiolieri, il Pascoli e Nuno Judice...e io scomparirò dentro di loro, fingendo che mi abbian dato modo di raccontarmi a dovere...
Me ne andò a dormire, a sognare le strade ventose di Tangeri, o forse le gole con i torrenti in Extremadura, al confine con il Portogallo dove milioni di alberi di ciliege tra poco daranno "cerezas", della spiaggia di Laredo in Cantabria e i folletti di Lierganes, gli Eucalipti della Galizia...il mare calmo e trasparente di Kho Samui, gli odori di Bangkok di notte...domattina cappuccino, spremuta d'arance e pan brioche con marmellata di fragola, passeggiata con il mio cagnolino...e tutto questo, questo tsunami di me, questo "io" che sta tracimando, sarebbe solo ricordo sfumato se non lo avessi riversato su questo...questo cosa? Che non è neanche più una pagina, come era una volta...se non lo avessi fissato qui, adesso!

Luigi de Gregorio (forse)

3 commenti:

  1. Mi hai ricordato una "me"(me???) di qualche tempo fa con questo post. Buona giornata.

    P.S. Voglio andare a mangiare le "cerezas" dov'era? In Portogallo?

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  2. ...in Extremadura, Spagna...è bellissimo quando fruttificano tutti insieme i ciliegi. Ce ne sono migliaia...

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  3. Ach, wie sollen wir die kleine Rose buchen?
    Plotzlich dunkelrot und jung und nah?
    Ach, wir kamen nicht, sie zu besuchen
    Aber als wir kamen, war sie da.

    Eh sie da war, ward sie nicht erwartet.
    Als sie da war, ward sie kaum geglaubt,
    Ach, zum Ziele kam, was nie gestartet.
    Aber war es so nicht uberhaupt?

    (Bertolt Brecht)

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