Il ponte

Il ponte
Quadro di Enzo De Giorgi

martedì 2 marzo 2010

Una lettera possibile

...le serate passate in queste giornate di festa mi hanno definitivamente convinto che l'essere ciò che sono, il sapere sempre indovinare, un attimo prima, quello che sta accadendo, è un dono prezioso. Che si paga a caro prezzo...so che puoi capire cosa significa essere così tanto nel mondo da esserne fuori. E' una sensazione pazzesca, è stare in uno spazio in cui mi accorgo che le parole servono soprattutto a chi ha poco da dire, o forse a chi ha tanto da "non dire". Allora mi sembra di volare al di sopra di me e di tutto, e guardare la pista, le piste che sono segnate, e sapere che l'unica giusta è quella ancora da tracciare. So che essere li davanti è dura, ma non potrei mai più tornare indietro. E so che tu sei li davanti, da qualche parte, in quella stessa improbabile terra...
Cazzo se mi piace, cazzo se mi addolora non riuscire più ad essere solo "uno" ma sempre "due", pur restando semplicemente me stesso...
Ogni volta che ti incontro, so di incontrare uno che vive la mia stessa follia. Quella stessa irrinunciabile ebbrezza che da l'essere ciò che si è. Lo stesso crudele, pazzo piacere di godere nel capire che c'è solo da vivere. E il capire è soffrire! Indicare le strade al mondo può apparire delirio di "deità", invero è soltanto alibi per l'incapacità di dividersi completamente con gli altri, perchè già divisi in se stessi, consapevolmente...
La mente che non mente più, che non cerca scuse al suo bastarsi da sola.
Sono pazzo? Può darsi!
Vorrei non esserlo, vorrei di nuovo immergermi nella storia con un altro, con gli altri, ma mi accorgo che ogni fottuto passo mi avanza di un passo, e non mi fa tornare indietro, per quanti sforzi io possa fare. Adesso so che quello "sguardo altrove" era e sarà sempre il mio sguardo. Quello che mi fa sempre piùì amare da tanti, tanto amare da finire odiato...
Ho tutta la forza delle mie debolezze, tutto il sapere il mio "non sapere un cazzo di nulla", il capire che c'è solo da vivere ogni momento come fosse l'ultimo. Con il progetto di domani, certo, ma completamente oggi, appieno. Senza più aspettative , illusioni.
Vivere appieno, fino alle ossa consumate nelle carezze, fino all'ultima stilla di sperma versata nel corpo di un altro o un'altra, fino alla consumazione di me prima che il tempo mi consumi a mia insaputa.
Sto scrivendo mentre scocca la mezzanotte. La mia ora da quando sono nato. L'ora in mezzo tra un giorno e un altro, che non è più ieri e non è ancora domani. Io vivo a quest'ora da sempre. Non ne posso più!
So che mi passerà, che me la farò passare. Ma proprio il saperlo mi spinge ancora di più in un luogo dell'anima tremendamente neutro, che non è piacevole, ma neppure orribile. Che non fa bene, ma neanche male. E' solo inutilmente piatto, senza alcun picco di nulla. Un luogo dove sono costretto a inventare scalate o scavare gallerie, per sentire dislivelli che non mi appartengono più.
Mi vorrei incazzare e mandare affanculo qualcuno, o forse tutti. Oppure amare come un prete idiota. E invece sono nel limbo. Invece sono forse semplicemente un uomo, con il problema di non saperlo essere più appieno...
Sono così terribilmente da solo...
Forse dovrei liberarmi, fare la "resistenza", ma solo contro me stesso.
Intanto mi rivolgo a te, senza sapere cosa dirti o non dirti. Senza sapere neanche tu chi sia, o se tu ci sia da qualche parte. Ti uso semplcemente, come s usa un tovagliolo per mondarsi la bocca mentre si vomita.
Cacchio, non ho neanche la la forza di immaginarti come uno che mi debba aiutare. Penso che ci sia chi ha più bisogno di me del tuo aiuto...e allora mi tiro da parte, mi vesto di una forza che, porca miseria, non ho. E soffro da morire quando mi accorgo che il mio farmi da parte, il mio mettere in un angolo la mia pena per dare spazio a quella degli altri, viene scambiato per presunzione, spocchia.
Come faccio a tornare indietro adesso? Dove torno?
Non ho mai amato viaggiare volgendo le spalle alla meta, ne' posso viaggiare guardandola avvicinarsi, perchè non credo più ad una meta. Credo solo al mio star viaggiando, da solo accanto ad altri uomini soli. ER la voglia di dirmi che siamo insieme, la fede nella mia fede è svanita da tempo. Tuttavia non ho voglia, ne' sufficiente arroganza, per dire a quegli uomini soli che viaggiano insieme, che è solo illusione.
Mi resta il senso di appartenermi, la sensazione di amare e non saperlo dire. L'ignoranza della mia capacità di comunicare cose che non dovrei, e che invece pare vivano di vita propria, e vadano da chi non vorrei, si rifiutino di raggiungere chi vorrei.
Amo sempre chi so che non mi amerà, così sarà colpa sua se un giorno me ne andrò, con l'alibi di non essere stato amato a sufficienza, non essere stato compreso.
Mi dico che non ha senso, non da soddisfazione amare chiti ama a prescindere. Vorrei riuscire a farmi amare da chi mi detesta, dirgli che lo detesto mentre o stimo e lo amo per avere il coraggio di essere quello che è, senza curarsi di me. Quando questo è accaduto, ho accelerato verso un altro me, più estremo, per provare fino a dove l'amore di chi diceva di amarmi mi avrebbe potuto seguire, o per provare a me stesso di poter seminare qualsiasi "inseguitore".
Vigliacco!
Non chiedo mai ad alcuno di provare a compiacermi. Piuttosto mi sento felice quando vengono disattese le mie aspettative, perchè se così non fosse verrebbe corroborata la mia presunzione di aver capito tutto. Non sarebbe altro che rinforzare le mura della mia casa interiore, trasformarla in castello di sabbia piuttosto che torre d'avorio. Destinata a sciogliersi, a disfarsi alle prime lacrime che, inesorabili aspettano che io mi creda al sicuro per poter poi tracimare.
Quando amo mi danno, pensando di non fare abbastanza per chi amo, credendo di coccolare solo il mio "voler essere" innamorato.
Stanotte lui dorme, o forse no. E io penso se mi pensa, se è soddisfatto, se mi desidera o desidera solo qualcuno, uno qualsiasi, che lo ascolti, lo soddisfi nel suo bisogno di essere con qualcuno accanto.
Riesco sempre ad amare chi non fa nulla per non apparire detestabile, perchè anche io non voglio essere amato per le mie cose belle. Voglio che mi si ami per le mie nefandezze. Che chi lo fa sia capace di farmi sentire che non vuole cambiarmi, trasformarmi nella sua idea.
Io amo così, senza volere che chi amo sia diverso da come è...
Scrivo come se scrivessi a qualcuno e invece scrivo a nessuno. Comunque, chiunque tu sia, scusami per questo sfogo. Davvero non ce la facevo più a tenermi dentro questo mare di "non so cosa" che mi stava affogando. Non mi andava di travestirlo da racconto, avevo bisogno di rivolgermi a qualcuno...e sei uscito tu dal mazzo. E il mazzo è pieno di carte, ma se sei venuto fuori tu, un motivo deve esserci. Perchè credo, "devo" credere, che tu sappia di cosa vado parlando quando dico queste cose. Sono certo che sai cosa è toccare il proprio dolore, prenderlo tra le mani, palparlo, sentirne la consistenza, la durezza o fragilità, e rendersi conto di non poterlo consegnare a nessuno mai...solo diluito forse, o corazzato, ma mai completamente.
Questa sera avevo bisogno di poterlo toccare ancora, come lo tocco ogni fottuto giorno, e insieme mostrarlo a qualcuno che fosse sufficientemente forte da poterlo, contemporaneamente "sentire" e sopportare, non supportarlo.
Altri lo avrebbero solo sopportato, mi avrebbero dato ascolto mantenendo le distanze...o forse mi avrebbero supportato, e allora non avrebbe avuto senso mostrarlo.
Sentire dolore è sentire amore che fugge, amore che manca al momento, ma che da qualche parte esiste. Senza dolore niente amore. Un supporto al dolore è un lenimento dell'amore, non è più amore che ama. Voglio invece continuare a sentirlo come lo sento, e insieme sperare che un altro lo senta, a lmeno sappia di cosa vado dicendo, soffrendo, piangendo.
E non il suo dolore come il mio dolore, ma il mio che va da lui, come da me vengono quelli di tutti. Anche quando non li voglio, quando navigano fiumi di lacrime mai pianti. Sentire che sente.
Non è psicosi, non è invasione del pensiero, non è presunzione di poterlo leggere. E' qualcosa che è vero come solo le cose di cui si è insicuri possono essere.
Non ho la certezza di sentire, bensì il dubbio di essere in grado di farlo. Allora non è follia, perchè non è certezza.
Mi piace credere che tu sia come me, che il dolore degli altri tu lo senta imergendoti dentro di esso, facendolo tuo. Io lo faccio ogni giorno, forse per dimenticarmi del mio, per coprirlo.
Stanotte chiedo a te, per dieci minuti, di immergerti nel mio e liberarmi un poco. Non rileggerò quanto ho scritto, quindi perdona qualche errore di forma o "orrore" stilistico...se rileggessi non ti darei questa lettera, per pudore, insensato forse...ma so che sai di cosa parlo.
Perchè se stai leggendo, se stai annegando in questo mare di parole, non hai un altrove dove spendere il tuo tempo, dove farlo vivere senza che tu ti impegni a dargli una direzione. Perchè, forse, anche tu non hai chi ti prenda per mano e ti conduca a se'...
perchè forse anche tu sei solo un uomo solo come me.

5 commenti:

  1. Già. Io non ce l'ho quell'altrove. Hai ragione. Mi riconosco nelle tue parole e credo che anche altri che ti leggeranno qui capiranno di che cosa stai parlando. Grazie per essere entrato nella squadra. :)

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  2. Mentre ascolto "Illusive" dei Distorted, gruppo metal israeliano, non posso che convenire e condividere quello spazio, quell'orizzonte di cui parli, a parte il tono troppo elegiaco per i miei gusti e le espressioni volgari-pseudo sincere-presa diretta. Io amo la parola, la scrittura, per cui credo siano improprie scritte nero su bianco. Ma trattasi di gusti personali, che non modificano la sostanziale comprensione e vicinanza. Per citare pensieri forse attinenti o forse no, mi sovviene in mente una cosa come questa: "Ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate un colpevole non c'è che da guardarsi allo specchio". Perché? "La coincidenza non ha madre". Del resto, "io, come Dio, non gioco ai dadi, e non credo nelle coincidenze". Bliss of loneliness... ma sì, visto che sono in vena di citazioni, ci vuole un bel testo... in inglese, off course.

    Searching building falling breaking down
    Burying feelings never to be found
    Tonight I save my soul
    I'm yearning for a change
    Tonight I save my soul
    Live in bliss of loneliness
    I'll make a turn
    A lenitive won't
    Be needed anymore
    Give me some time
    Time for me to find
    Peace of mind.

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  3. ...leggo i commenti mentre anche io mi muovo nei panorami che la musica mi disegna davanti, dentro. Musica che vedo e non ascolto...e mi sovviene a mente il lavoro di Blankenburg sulla "Prospettività". La meraviglia della condivisione sta nella prospettività, il meccanismo delle diverse prospettive da cui si guarda l'oggetto. Nessuno, come lascia giustamente intendere Joseph, ha la prospettiva giusta, tutti hanno la propria...di vero c'è solo l'oggetto della visione. E anch'esso assume diversi significati in relazione alle strade percorse per arrivare a guardarlo, forse toccarlo, forse ammazzarlo o per forse farsi ammazzare. Ascolto "The unforgiven" dei Metallica e penso a tutto il mio essere imperdonabile per essermi sempre perdonato, alla necessità di espiare piuttosto che giustificare. E soprattutto penso al cross-over che il pensiero realizza da prima che la moda lo definisse, al suo muoversi nelle tempeste interiori senza dover per forza mantenere una direzione, solo la necessità di diventare sempre più volto verso un dentro. Pensiero che rimbalzerà negli angoli più scuri e nascosti, solo restando se stesso. Io sono solo l'eco di quello che il pensiero ha cantato navigandomi dentro.
    E la parola, che diventa non già uno strumento che la mente "deve" utilizzare, ma un qualcosa che vive vita propria, che decide come esprimersi, come occupare lo spazio superfluo per lasciare la verità del sentire dove non arriva, in quegli spazi vuoti, sui punti di sospensione, nelle parentesi in cui non c'è altro che "altro" non detto. E' li che, a mio avviso, vive l'essenza di quel che si scrive...la parola che è solo un abito indossato per lasciar intuire il corpo nudo che copre, o forse per mascherarlo da altro. Io non so chi sono, e nemmeno mi importa. Io sono quello che mi dice chi mi incontra...e ognuno mi dice qualcosa di diverso...Perspektivitaat so wie Blankenburg gesacht...solo prospettività...

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  4. Se fossimo a portata di mano, mi permetterei e oserei stringertela, in segno di riconoscimento, ma poiché un tal privilegio mi è negato, non posso che esprimere con l'eloquio la mia vicinanza e partecipazione. Non che questo abbia particolare valore, ma è pur sempre un conforto sapere che c'è pur sempre qualcun altro ancora in grado di lasciar correre la propria capacità prospettica. Un conforto per me, naturalmente. Non oso sperare possa essere così anche per te, anche se me lo auguro. Wiele Danke.

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  5. ...lo è Joseph...ed è viva la mia contentezza nel constatare come una "cosa" quale è uno scritto, può diventare un "oggetto"...camminare sul greto del fiume e osservare i sassolini levigati è splendida contempolazione, ma perchè quelli si trasformino da cose in oggetti, occorre togliere le scarpe, e camminare nell'acqua, sentire come ogni sassolino "è un sassolino a sè", con la sua forma , gli angolini aguzzi o le rotondità..."sento" che "senti", che guardi e insieme ascolti...

    Dieses Leben ist eine Straße in Aufstieg...und es ist die Mühe, die uns lebendig hören macht...
    Bis dann mein neuer alter Freund

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