Il ponte

Il ponte
Quadro di Enzo De Giorgi

martedì 13 aprile 2010

Sulla spiaggia della vita





= Moonlight =

...stanotte il richiamo dell'anima, la necessità di scrivere, l'ispirazione attesa a lungo e infine tornata...e allora visioni e musica ad accompagnare il picchiettare sulla tastiera...

La brezza che passa dalle finestre, le fessure della mia vita attraversate dalla polvere soffiata via dai ricordi.

Ricordi…un paesaggio sicuro e lucido. Come il pavè della strada di notte dopo la pioggia. E le certezze della vita raccontata. La scuola andata nel cassetto, l’università e le auto potenti, la moto, i viaggi. Tutto sicuro, certo, chiaro.

Nessun dubbio, solo la mia segreta certezza di non essere ciò che dovevo, che mi si chiedeva di essere, che, forse, avrei voluto essere. Per vivere il sogno come vita e non come fuga dalla vita.

E allora quante notti a passeggio sul lungomare, a guardare i giochi di Luna sull’acqua, a fiutare prede, o predatori che mi facessero preda. La bottiglia di whiskey e la musica jazz, i locali notturni nei quali conoscevo tutti quelli che non mi conoscevano affatto. Gli amici di sempre lasciati da qualche parte. Una scusa, “vado a prendere una boccata d’aria e ritorno”, e invece il pianto silenzioso da solo sul sedile dell’auto, lanciata a folle velocità verso qualcosa. Qualcosa che da qualche parte si nascondeva, che mi aspettava…per ammazzarmi come ero diventato.

I passi sicuri, l’andatura eretta e decisa, le movenze eleganti e studiate senza studiare. Perfetto, tutto perfetto, troppo perfetto.

E camminare nella vita sicuro, spedito, verso la crepa che mi avrebbe permesso di rompere il guscio che mi avvolgeva, per proteggermi e che invece mi soffocava.

Una birra, e un’altra, e la musica a tutto volume.

Le poesie di Morrison, di Ian Curtis e di Anne Clark…la nota veloce di un campionatore battuto da dita nervose.

Nel bagagliaio della BMW la tastiera, la chitarra e l’amplificatore. Per correre a suonare un delirio non appena trovavo un qualsiasi compagno perduto nel deserto come me.

Tutto perché la mia certezza era non più una certezza solida, ma la sicurezza di una rottura che si era creata e che non avrei saputo riparare se prima non mi fossi affacciato sulla morte di me che era dall’altra parte del muro.

Il mondo come lo conoscevo, sino a poco prima, un giorno, un anno o un secondo prima, che si sgretolava.

L’immagine del mio piede che calpesta la strada fatta di asfalto liscio e uniforme, senza soluzione di continuità. Poi il piede che poggia su un mattone, e la terra che si apre. Il mondo fatto di un solo pezzo si rivela solo insieme di tessere. Puzzle che si sgretola, si perde una tessera, e una dietro l’altra, tutte le tessere si spargono intorno. Ne perdo il controllo, non so più dove sono finite, dove sono caduto.

E penso anche che sono contento che sia accaduto, perché solo distruggendo potrò ricostruire. Le riparazioni sono lunghe, costose e inaffidabili…prima o poi devi di nuovo ristrutturare, ed io non voglio perdere tempo a mantenere il mio mondo, che non sento mio, così come è. Non ho voglia di fingere che mi stia bene.

So che dietro questo guscio che si sta disfacendo c’è qualcuno che me lo aveva messo intorno, che mi stava controllando e adesso comincerà a temermi, perché gli sfuggirò tra le dita, come sabbia asciutta dopo secoli al sole cocente di amore asfissiante. Ho il bisogno di sentir freddo e la paura di non sopportarlo. Ma ho anche un coraggio che nessuno sospetta, il coraggio di andare nel buio e farmi strada da solo, il coraggio di farlo da solo, la certezza che chiederò alla luna, mentre rischiara il mare che guardo, di mostrarmi un profilo diverso, sul quale disegnare il mio nuovo aspetto.

Non guardo più alcuno. Il fumo azzurrino del Caffè della Luna, la musica e i volti noti di ignoti compagni di sempre…sono solo inutile contorno, accessori superflui. Distrazioni da quello che sono: semplicemente un signor nessuno!

Luigi de Gregorio


1 commento:

  1. CHILLED

    I say goodbye to my favorite time of day
    Watch the sun drop and dusk fade
    Another two dozen hours go by
    And times going quicker at forty five
    When I was young I wanted life to go fast
    Always in a hurry to see what's next
    Maybe if I could slow time down
    I might shake loose this reoccurring frown

    Vacuum me in a deep freeze

    Calling a truce with this ghost that I fought
    And just chill with what I got
    Breaking it down to see where I stand
    Its all pretty grand

    Periodically I find myself pissed of
    Though never quite sure about which bug I caught
    Very few things in my life are bad
    Some bad shit happens to that other half
    Don't want to appear that I ain't grateful
    It's all gravy when you terminate the bull shit
    Hurdles that come up running the track
    Are best dealt with a calm state of attack

    Rest assured so be understood
    It's all pretty good

    Feet planted on my own holy land

    (John Bush - Armored Saint: "La raza")

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