Il ponte

Il ponte
Quadro di Enzo De Giorgi

giovedì 1 aprile 2010

Simona, che non c'è più e invece c'è ancora...







“Allevamento Conigli. Campo Scuola”…
La grafia è elegante, ordinata, ornata. Semplice, come te in fondo. C’è quella piccola aiuola, realizzata con i tronchetti di Pino che tagliavamo, come tu li volevi, delle dimensioni che pensavi fossero giuste, alti quanto necessario per contenere il terreno, nel quale hai piantato dei Ciclamini. Aprile 2005. Il Parco è pieno di Ciclamini in Primavera. Sai il nome altro che hanno qual è ? Panporcini. E sai perché ? Perché ne sono ghiotti i suini.
Tu, Ciclamino, divorato da suini…
Sono entrato nel Parco, e ti ho vista sorridere, con tutte quelle mollettine colorate, a mantenere i cento ciuffetti di capelli biondi. Gli occhi che si sforzavano di sorridere, il pozzo infinito della tua malinconia. Non tristezza, malinconia. E’ diversa la malinconia dalla tristezza. Oggi so cosa vuol dire. Non sono triste per la tua assenza. Sono malinconico. Sono pieno di quell’amore che mi hai dato e che, probabilmente, non ho saputo cogliere a fondo. Mi manca, ma sono fortunato, perché almeno io l’ho avuto. Mi incupisco, ma poi penso che noi due ci siamo capiti, ci siamo parlati, ci siamo raccontati il nostro dolore. E allora sorrido. Non ho rimpianti, ho vissuto il nostro stare insieme come potevo…come sapevo. Allora. E tu ? L’hai sentito il mio amore ? Io so che mi sei stata vicina, con discrezione. Che mi hai sollevato dagli imbarazzi, che mi hai dato le tue lacrime. Che hai raccolto le mie. Ci siamo immersi nei nostri dolori, abbiamo nuotato uno nell’altra. Coraggiosi o incoscienti, non importa. Ci siamo bagnati di noi.
Lo abbiamo fatto da soli, quando gli altri erano lontani. Erano altri. Vivevano altro. Mi vien da pensare che dovrei piangere, ma non mi escono lacrime. Addirittura mi viene da ridere ripensando a quando, con delicatezza, antitetica con la tua corpulenza, mi toglievi un concorrente dalle spalle, per agevolarmi nella mia relazione con quel ragazzo che piaceva a entrambi.
A quei caffè, al Bar dove entravamo e sentivamo mormorare qualcuno, che pensava andassimo a ubriacarci. E invece andavamo a scherzare con il barista, che era davvero bello.
A quando chiamavi “Antonietta” il nostro amico e lui si faceva rosso come un peperone…Sai, quando lo vedo lo chiamo ancora così. Adesso sorride anche lui.
Abbiamo avuto poco tempo per stare insieme, troppo poco. Ma abbiamo saputo giocare, liberi di essere ciò che eravamo…Ti ricordi quando hai rubato le monete dalla ciotola della signora del Parco? Ora ho capito. Ti riconoscevano solo se continuavi a essere una ladra, una tossica, una perdente perduta per sempre…E tu, dolce come neanche il miele che producevamo, li accontentavi. Forse sperando che ti riconoscessero… il diritto di essere quella bimba, bionda e bella che eri.
Scusa se ho lottato meno di quanto avrei forse potuto. Certo ricordi quanto ho pregato, uno dei suini, di lasciarti con noi. L’ho chiesto come favore personale. Mi hanno accontentato, e poi hanno fatto di tutto per farmi sentire in errore.
Eri persa in un bosco, e urlavi, e camminavi cercando una strada. E tutti, forse io compreso, non abbiamo saputo fare altro che urlare a nostra volta, chiedendoti di seguire le nostre voci. Che erano tante, troppe. E provenienti da direzioni diverse. Avremmo dovuto dirti di fermarti dove eri, avremmo dovuto venire noi da te. Non ne siamo stati capaci. Io non ne ho avuto il coraggio. Scusa.
E scusami anche per non aver avuto il coraggio di allontanarmi dal parco. Sai ci penso spesso. A te, a Sasà, ad Antonio, a Biagio…Chissà, forse se io fossi andato via non vi avrebbero abbandonato. Pur di tenermi avrebbero acconsentito alle mie richieste. Avrei dovuto ricattarli, ma pensavo che amassero voi come vi amavo io. Invece eravate solo un mezzo per far vedere che facevano qualcosa, per voi, per te...
Oggi lo farei, oggi li ricatterei.
Oggi. Ma è tardi, troppo tardi…
Sono seduto in mezzo a venti persone, al centro di uno di quei gruppi che ben conosci. Ti sto parlando e sto facendo il duro. Forse perché in fondo sono incazzato, con chi era deputato a fare qualcosa, e invece se ne è fottuto. Quelli per cui tu eri solo la “nr. 2 del Ser.T di Giugliano”. No, tu eri una persona. Che voleva essere solo una persona, solo se stessa.
Una donna bambina per sempre. Tra i Lecci e i Pini, nella aiuola di Ciclamini, sulla riva del lago. Nel mio cuore. Sei viva, per sempre. Hai avuto la forza di renderti immortale. Per me.
Il gruppo si sta avvolgendo o svolgendo, non lo so bene. Continuo a sentire la tua voce roca. Ma la sento solo io, vorrei che la sentissero tutti.
Dentro di me lo spero, con tutte le forze.
Passa un uccello, non so quale sia, ma vola basso quando ci passa sopra, e canta. Brevi squillanti note. Sei venuta a salutarmi. Vola libera, finalmente. Ti ho voluto un gran bene. Te ne vorrò sempre. Grazie per quanto mi hai dato, spero di averti dato anche io qualcosa.
Ciao Simona.

Luigi de Gregorio

3 commenti:

  1. Luigi, bellissimo questo tuo ricordo di Simona. Molto commovente. Un bacio.

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  3. ...non mi perdonerò mai per non essermi fermato qualche giorno prima che Simona morisse...ero in auto e la vidi, che si riparava dalla pioggia sotto un portone. Avevo fretta, ero in auto...la guardai qualche secondo, poi i clacson dietro, l'appuntamento che mi aspettava...
    La sera tornato a casa pensai a lei, e mi dissi "devo chiamarla", ma non ho fatto in tempo. Sono passati quattro anni, e ancora penso che se le avessi telefonato forse...

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